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Il Castello di Ponzanello

Cos’è

Ponzanello ed il suo castello sono una delle più suggestive attrazioni di Fosdinovo ma anche della Lunigiana interna.

Soprattutto la straordinaria collocazione, alta, fra mare e area appenninica e la sua posizione strategica ci raccontano della sua storia (di cui si presenta una scheda di approfondimento storico). Da visitare.

Dove

Da Fosdinovo si percorre la SP 446 verso Soliera e Fivizzano, al primo bivio si prende verso Sarzana, si supera il Museo Audiovisivo della Resistenza e si giunge al bivio per Aulla e Ponzanello che già si vede, sulla destra.

Scheda di approfondimento storico

Dott. Stefano Di Meo

Ponzanello si trova sulla strada provinciale tra Fosdinovo ed Aulla. Il borgo è certamente quello che ha conservato maggiormente le tracce della sua origine medievale: gli archi di ingresso nelle varie cinte murarie del borgo, i numerosi portali, le strutture murarie, e soprattutto il castello, ben visibile alla sommità del borgo ed oggi purtroppo ridotto a rudere. Salendo la ripida strada interna che parte dal parcheggio, sorpassato l’ampio arco con tracce della presenza del ponte levatoio, si giunge in un’atmosfera assolutamente medievale, con tratti di borgo in galleria. La chiesa di San Martino, rifacimento di quella medievale che si trova oggi dietro l’edificio attuale, è posta su un terrapieno che offre uno sguardo panoramico sui versanti boscosi.

L’interno, ad aula unica con abside quadrangolare e presbiterio leggermente rilevato, ed oggi delimitato da una balaustra novecentesca, accoglie numerose opere. Sulla destra gli altari di San Rocco, del Suffragio, della Madonna del Carmine, sulla sinistra di San Filippo Neri (in alto una pregevole tela della Madonna del Buon Consiglio che un tempo veniva portata in processione la seconda domenica di Settembre), della Madonna… Di particolare interesse l’apparato decorativo marmoreo (bassorilievi, statuaria, etc.), come le quattro formelle dell’altare di San Filippo Neri e la crocifissione dell’altare del Suffragio, le due acquasantiere all’ingresso e il fonte battesimale con la raffigurazione del battesimo di Gesù. Nella nicchia absidale si trova la pregevole statua marmorea di San Martino.

Nella sacrestia, non accessibile, un reliquiario in marmo murato sul perimetrale. 

Salendo ancora, sorpassato un nuovo arco con le tracce dell’alloggiamento dei cardini e dei sistemi di chiusura, si giunge dopo alcuni minuti agli imponenti ruderi del castello, purtroppo non visitabili.

In tutto il borgo vi sono numerosi portali datati,  dalla fine del ‘400 al secolo scorso.

Secondo alcuni l’origine dell’abitato di Ponzanello, come quello di Ponzano, sarebbe da imputare alla presenza sul territorio dei possedimenti della GensPontia, attestata in epoca romana a Luni, ma anche se affascinante, questa tesi non è minimamente avvalorata dai documenti. Tentare di far luce sulle origini della maggior parte dei siti dell’antico comitato lunense, implica inevitabilmente il dover fare i conti con il silenzio delle fonti antecedente il XII secolo. Non tutto tace però. Molti sono i diplomi imperiali che confermarono ai vescovi di Luni i loro possedimenti: già re Berengario I (888-924), come fecero i suoi predecessori, rinnovò diritti sulle terre di lunigiana e privilegi al presule Odelberto.

Dalla lettura del diploma dell’imperatore Ottone I di Sassonia, datato 963, è possibile notare la presenza di tre o più centri curtensi (ovvero centri di sfruttamento agricolo di ampi possedimenti fondiari) non ricorrenti prima di allora e che, dopo questa data, scomparvero: cortem de Niblonecortem de Curvasano e cortes de Bardarano. Dall’esame attento delle fonti storiche, questi tre toponimi sembrano essere attribuibili proprio al territorio di Ponzanello. L’ipotesi che vedeva la cortem de Niblone come primitivo insediamento del Monte Nebbione, sito nelle immediate vicinanze del borgo, sembrerebbe oggi pienamente avvalorabile. Il toponimo NiblonooNibiono ricompare infatti, in alcuni documenti duecenteschi, in riferimento ad alcuni boschi situati nel territorio di Ponzanello e, da uno studio dell’Università di Siena basato su alcune riprese aeree, è stata identificata sulla sua sommità un’area ricca di anomalie interpretate come tracce di strutture murarie. Per quanto riguarda la corte o le corti di Bardarano, l’ipotesi di un collegamento al territorio di Ponzanello è basata sul toponimo Bardanum che, all’interno di due documenti duecenteschi, viene identificato come zona di confine tra i comuni di Ponzanello e Falcinello sul versante che guarda la valle dell’Aulella. Ciò potrebbe essere avvalorato dalla presenza, non lontano dal territorio appena descritto, dell’odierna località Bardine di Gorasco, sita nel comune di Aulla lungo il corso dell’omonimo fiume Bardine. L’unica attestazione del toponimo Curvasano compare invece all’interno degli statuti di Ponzanello del 1233 dove nella descrizione dei confini del territorio comunale, è indicato come pascaticum de Curuaxana, zona di pascolo condivisa, non senza problemi, con il vicino comune di Falcinello. Come suggerisce il modello proposto da Wickham per i secoli XI e XII circa il fenomeno dell’accentramento, spontaneo o imposto, della popolazione, possiamo ipotizzare che i nuclei abitativi legati alle corti agricole di questo territorio siano spariti in seguito alla nascita del nuovo borgo capace di ospitarne le popolazioni che, probabilmente, contribuirono alla sua edificazione. Secondo un disegno politico ben preciso, Ponzanello posto lungo una via di comunicazione così importante tra la Lunigiana interna ed il litorale tirrenico, venne reso idoneo dal vescovo ad ospitare un insediamento militare permanente e una delle sue residenze.

Il toponimo Ponzanello compare per la prima volta nel 1101; quando è attestato un personaggio il cui nome del padre ne tradisce chiaramente le origini: Ugolino Goggo Monaco di Punzanello. Proprio questo documento ed un altro del XII sec., ci consentono di ipotizzare la fondazione dell’abitato almeno alla fine dell’XI secolo. Purtroppo non è dato sapere con precisione quando l’insediamento, posto fin dalla sua nascita sotto l’autorità del vescovo di Luni, venga fortificato, ma già nel 1185, l’imperatore Federico I di Svevia, il Barbarossa, nell’atto di conferire l’investitura a conte di Luni al vescovo Pietro, lo menziona così: «castrum de Ponzanello cum curte et districtu et venatione sua»(castello di Ponzanello con corte, distretto e riserva di caccia).

Agli inizi del Duecento, periodo di massimo splendore della potenza vescovile, uomini di Ponzanello parteciparono, probabilmente con seguito armato, all’offensiva che il vescovo attuò contro i Malaspina. Tra i nobili che combatterono più volte a fianco del vescovo, i documenti menzionano Palmerio di Ponzanello, rimasto ferito in occasione di una delle battaglie che portarono il prelato alla conquista, seppur effimera, del castrum di Castiglione, del borgo di Padivarma e del castrum di Trebiano.

Nel 1233 furono compilati i primi Statuti comunali di Ponzanello, redatti con il beneplacito del vescovo Guglielmo; ma già dal 1201 si ha notizia di un consul de Ponzanello.

Considerata l’importante posizione strategica del sito, anche l’imperatore Federico II di Svevia, quando nel 1239 si trovò a dover passare dalla Lunigiana in occasione della sua disputa con le autonomie comunali padane, decise di assicurarsi il possesso di questo ed altri centri fortificati che controllavano la via del ritorno verso la Sicilia. Due anni dopo, nel maggio del 1241, il vescovo Guglielmo, in viaggio verso Roma, venne catturato dai pisani filo imperiali e tradotto a Napoli; solo in seguito alla morte di Federico nel 1250, riuscì a tornare in Lunigiana e rifugiarsi, dopo un periodo trascorso a Lucca, sua città natale, proprio a Ponzanello, dove risiedette più o meno stabilmente per alcuni anni. A conferma la grande quantità di documenti qui rogati negli anni immediatamente successivi al suo rilascio: ben 26 documenti dal 1252 al 1260, di cui 13 nel solo 1255. Il momento di crisi nel quale si trovò il comitato lunense – sommerso dai debiti – portò il vescovo a stringere nuove alleanze e consolidarne di vecchie. Difatti nel 1259, confermò ai nobili Bianchi d’Erberia l’investitura di tutti i loro antichi feudi in cambio dell’impegno di questi ultimi ad onorare il giuramento di fedeltà e di protezione fatto al vescovo Pietro. A differenza del precedente atto del 1188 rogato nella chiesa di S. Basilio a Sarzana, questa volta venne scelta la più piccola, ma più sicura, chiesa di S.Martino a Ponzanello.

Il successore di Guglielmo, Enrico da Fucecchio (1273-1297), svolse un’importante e mirata attività urbanistica su tutto il territorio diocesano e a Ponzanello fece edificare un grande edificio (palatiummagnum) e ampliare il borgo.

Ancora all’inizio del Trecento risulta evidente l’importanza strategica di questo sito; nel 1307, in seguito alla morte del vescovo Antonio da Camilla, ci furono controversie circa l’elezione di un nuovo pastore che svolgesse il suo ufficio principalmente negli interessi della Chiesa lunense. Come principale candidato a ricoprire tale carica fu scelto un esponente della nobile famiglia marchionale dei Malaspina, Gherardino, eletto presso la sacrestia della cattedrale dei SS. Maria e Basilio a Sarzana. A causa degli aspri scontri tra il partito guelfo e quello ghibellino, una frangia dissidente dei membri del Capitolo della cattedrale di Sarzana procedette all’elezione segreta di Guglielmo dei frati minori presso la chiesa di Ponzanello. Seguirono ben sei anni di vacanza del seggio episcopale lunense e nonostante le grandi pressioni, papa Clemente V si pronunciò contro la legittimità dell’elezione del padre francescano, confermando a Vienne, il 9 maggio del 1312, l’elezione di Gherardino. Ma solo un anno dopo l’imperatore Arrigo VII spogliò Gherardino, a causa della sua adesione al partito guelfo, della sua signoria temporale in Lunigiana, costringendolo all’esilio. La situazione venutasi a creare fece si che esponenti dei vari rami della famiglia marchionale dei Malaspina intraprendessero una politica di annessione territoriale che presto li condusse a scontrarsi con gli interessi del comune di Lucca. Castruccio Castracani degli Antelminelli infatti, che da molti anni meditava di intervenire militarmente in Lunigiana per tentarne la conquista (Ponzanello, come altri centri della Lunigiana, già dal 1308 compariva tra i possedimenti lucchesi), oltre ad essere signore di Lucca venne nominato anche visconte di Lunigiana, potendo così rivendicare sia i territori un tempo lucchesi sia quelli passati dalla signoria vescovile sotto il controllo dei Malaspina. La guerra scoppiò nel 1319 con la penetrazione in Lunigiana di un esercito lucchese di ben seimila fanti e mille cavalieri davanti al quale molti centri anche fortificati capitolarono. Già in agosto molti comuni della Lunigiana prestarono giuramento di fedeltà a Castruccio e tra questi viene menzionato quello di Soliera, i cui abitanti devono essere protetti e trattati amichevolmente nonostante fossero soliti frequentare ed essere ricevuti a Ponzanello: sappiamo quindi da questo accenno che Ponzanello non era visto di buon occhio da Castruccio, che comunque nel 1327 riuscì ad insediarvi almeno due funzionari lucchesi che vi operavano per suo nome e per suo conto. Solo la morte improvvisa del Castracani, nel 1328, fece si che venisse ripristinata la situazione precedente: il comune di Lucca, infatti, non poté conservare le conquiste fatte dal grande condottiero e parte delle terre sottratte ai Malaspina tornarono, anche se solo temporaneamente, nelle mani del vescovo. Nell’anno 1353, infatti, l’imperatore Carlo IV conferì a Gabriele Malaspina vescovo, forte del diploma imperiale del 1185, il titolo di principe dell’impero, oltre a confermargli tutti i vecchi possedimenti della Chiesa lunense. Purtroppo però l’imperatore non ebbe la forza per far rispettare tale disposizione e si trovò costretto, lo stesso anno, ad accordare le medesime concessioni ai marchesi Malaspina. Da allora si perdono le tracce di Ponzanello che per quasi cento anni non verrà più menzionato; si può supporre che ebbe un periodo di governo comunale autonomo, ancora sotto il vessillo del vescovo o della repubblica di Firenze, durato almeno fino al XV secolo, quando lo ritroviamo sotto la sovranità del marchese Spinetta III Malaspina di Verrucola.

Il periodo tra Trecento e Quattrocento segna comunque un momento di cesura nella storia di questo borgo; se infatti fino alla metà del Trecento la figura del vescovo vi ebbe un forte e saldo ascendente, il secolo successivo fu piuttosto caratterizzato da continui passaggi di proprietà e dalla progressiva perdita di importanza sotto il controllo dei Malaspina di Fosdinovo che, acquisitolo nel 1481, lo detennero fino alla caduta dell’ancien régime e alla venuta in Italia di Napoleone nel 1797.

Ad oggi, le tracce murarie che emergono in diversi prospetti del corpo centrale lasciano supporre che si tratti dei resti della primitiva fortificazione del colle mediante una torre o un palazzo di forma trapezoidale, del quale è solo parzialmente riconoscibile la forma precisa in pianta. Tale interpretazione sembra avallata dal dato documentario che attesta la presenza di una torre vescovile sin dal XIII secolo. Successivamente questa struttura, che inizialmente occupava da sola la sommità della collina, è stata cinta da un cortina muraria, munita di un accesso sopraelevato rispetto al piano di calpestio di quasi tre metri, utilizzabile solo mediante una scala retrattile, e di una torretta difensiva a forma pentagonale ancora perfettamente riconoscibili. La cinta muraria più esterna, invece, sembra risalire alla prima metà del XV secolo, forse opera dei fiorentini, in concomitanza alla febbrile attività fortificatoria in Lunigiana menzionata dalle fonti in questo periodo. Già intorno agli anni ’30, infatti, le milizie mercenarie milanesi capitanate da Niccolò Piccinino avevano avuto modo di razziare a fondo il territorio, inducendo comprensibilmente le fortezze locali all’allestimento di un apparato difensivo più appropriato. Sono senz’altro riferibili allo stesso secolo anche le modifiche apportate alla prima costruzione, che venne munita di un rivellino (un terrapieno dalla forma triangolare) e di altre due torri circolari con torello (una cornice esterna in rilievo). Del resto l’influsso fiorentino su quest’area perdurò sino la fine del Quattrocento, come dimostra il caso analogo di Sarzanello dove vennero costruiti apparati difensivi del tutto simili a questi. Questa situazione degli alzati è anche quella definitiva del complesso fortificato, perdurata fino al suo abbandono nel XVIII secolo. In seguito al crollo del tetto ed a un primo degrado delle strutture, i volumi aperti del castello vennero usati, almeno fino a poco prima della seconda guerra mondiale, come terreno ad uso agricolo; ancora viva è la memoria di coltivazioni ed orti all’interno del castello. In anni più recenti i crolli e l’instabilità della struttura non hanno più consentito un utilizzo continuativo degli spazi in esso contenuti, portando ad un evidente e progressivo degrado.

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Ultima modifica: 14 Maggio 2021 alle 12:26
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